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QUANDO LA MORTE È TROPPO GIOVANE: I BAMBINI SARDI DI GIUSEPPE SARTORIO

"Vista la Terra men bella, fe' ritorno al cielo". Esempio di tomba di un bambino al Cimitero Monumentale di Verona, morto ad appena un mese di vita.
"Vista la Terra men bella, fe' ritorno al cielo". Esempio di tomba di un bambino al Cimitero Monumentale di Verona, morto ad appena un mese di vita.

È indubbio che le sepolture di bambini morti in tenera età siano quelle che più ci colpiscono fin dentro l'animo, lasciandoci il cuore straziato e gonfio di angoscia. Se già la morte è una realtà dura da accettare in quanto tale, ancora di più lo è quando riguarda chi si è appena affacciato alla vita, facendo in tempo ad assaporarne troppo poca prima di finire nuovamente nel nulla, magari anche dopo atroci sofferenze, come nel caso di Raffaella La Crociera, la bimba romana di cui ho parlato qui.

Al tempo stesso, però, proprio per questo motivo, ci sentiamo maggiormente empatici nei confronti delle loro storie e delle loro rappresentazioni, che siano vecchie e ormai sbiadite fotografie poste sulle lapidi oppure magnifiche sculture che ne riproducano le fattezze che avevano finché erano in vita.

 

È certamente per questo che una delle statue funerarie maggiormente amate e ammirate nel cimitero di Bonaria, a Cagliari, è quella di un bambino, Efesino Devoto, una delle pregevoli opere di Giuseppe Sartorio, artista di origini piemontesi, la cui bravura gli valse due soprannomi particolarmente evocativi: "scultore fotografico" e "Michelangelo dei morti".
Nato nel 1854 a Boccioletto, in provincia di Vercelli, Giuseppe studiò a Varallo Sesia e all’Accademia Albertina di Torino, per poi concludere gli studi all’Accademia nazionale di San Luca, a Roma. In queste città eseguì i suoi primi lavori, per poi dedicarsi quasi esclusivamente alla Sardegna, isola nella quale aprì diversi laboratori e botteghe.

Tornando al piccolo Efisino, egli morì inaspettatamente nel 1887, a nemmeno tre anni, lasciando i genitori attoniti e nella più totale prostrazione. Egli venne raffigurato da Sartorio in modo estremamente realistico, partendo, come sua consuetudine, da una foto post mortem. Il piccolo è rappresentato seduto su una seggiolina, nel suo vestitino da festa, con in grembo un cavallino giocattolo su cui ha appena allentato la presa dopo aver spirato, l'altro braccio che ricade lungo il fianco, la testina riccioluta lievemente piegata.
Si racconta che la madre lo abbia trovato così, come dolcemente addormentato, mentre si preparavano per la messa.

Subito ella non riuscì a comprendere realmente l'accaduto. Si dice che lo scosse più volte, chiamandolo dapprima con voce allarmata e poi sempre più spezzata, mentre la situazione le diventava lentamente sempre più chiara e capiva che il suo piccolo non si sarebbe più ridestato.
Quel momento terribile viene ricordato alla base della statua, con una frase pronunciata dalla madre che, con poche parole, riesce a rendere tutta la tragedia inconcepibile di una simile perdita:


"Cattivo! perché non ti risvegli?!"


L'epitaffio sul basamento prosegue poi coi dati del piccolo:

Efisino
di Gerolamo Devoto
e Agostina Nespola
Visse 33 mesi
21 marzo 1887
 

Rimanendo sempre a Bonaria, dello stesso scultore si possono ammirare altri bellissimi e commoventi monumenti di soggetti infantili, per certi versi i più riusciti dell'artista, il quale è proprio con le figure più giovani che è riuscito a esprimere a livelli magistrali la sua arte realistica e, al tempo stesso, romantica e fortemente emotiva.
Una di queste sculture è quella realizzata per la piccola Maria Ugo Ortu, nata il 30 luglio 1888 e morta il 27 gennaio 1891, a due anni e mezzo.

Anche il suo epitaffio, come quello di Efisino, è particolarmente commovente:

 

"Mamma addio, 
addio babbo.
Ai buoni e ai pietosi dite
che ricordino la povera vostra Mariuccia"

La piccola è rappresentata in un elegante vestitino, curato fin nei minimi dettagli, dal cappello appoggiato accanto a lei alla mantellina sulle spalle, dai bottoni ai fiocchi, come pure rifinitissimi sono i boccoli dei suoi capelli e le manine e le braccina grassottelle, facendola davvero sembrare quasi una bimba vera. Maria si sporge da una balaustra, da cui manda baci ai passanti del camposanto. La ringhiera simboleggia una sorta di barriera invalicabile che separa i vivi dalla bambina, ormai dalla parte opposta, nel mondo delle ombre dove si trovano i defunti. Questo contrasto è reso ancora più evidente dal candido marmo con cui è scolpita la figura di Maria, che simboleggia la tenera innocenza della sua anima, contrapposto alla struttura architettonica da cui fa capolino, realizzata in scura trachite.

Attigua a questa tomba se ne trova un'altra, sempre realizzata da Sartorio nel 1891, rappresentante altre due bimbe in candido marmo che giocano arrampicandosi e allungando le piccole mani verso una stele, con dei gradoni che conducono all'immagine della Madonna col bambino.

La parte architettonica è in trachite, come nella tomba di Maria, e da un lato è come se la struttura fosse stata colpita da un fulmine, simboleggiando in questo modo la perdita delle piccole, avvenuta come un inaspettato "fulmine a ciel sereno". Si tratta, infatti, della sepoltura di due sorelline, Letizia e Pinuccia Mauri.
Guardando le due tombe, quella di Maria e quella delle sorelline, così vicine e simili, sembrano quasi un'unica opera, in cui le tre bambine giocano insieme, ormai lontane dal mondo dei vivi, e a noi è dato solo di poterle osservare da lontano un'ultima volta.

 

Sartorio ovviamente non lavorò unicamente a Cagliari. Sue sculture funerarie si possono ritrovare passeggiando per il cimitero di Sassari,  dove si trova, per esempio, una simpatica bimba dal solare sorriso che gioca a nascondino, Ada Melis (1906 - 1910).

La piccola è raffigurata in un ampio vestitino dalle maniche a sbuffo, nascosta in un anfratto di una roccia che sembra quasi uno scoglio, facendola quasi assomigliare ad un piccolo e sbarazzino spiritello marino.


Probabilmente una delle sue opere più famose si trova però nel Cimitero di Iglesias. Si tratta della tomba di Zaira Paola Grazia Deplano Pinna, nota anche come la bambina col cerchio, essendo raffigurata mentre si riposa, seduta su una colonna spezzata, simbolo di lutto precoce, con affianco il gioco della ruota. Ed è difficile non ricordare un'altra statua di bambino col cerchio, quella del piccolo Italino, a Staglieno, di cui ho parlato qui.
In questo caso, però, il cerchio non è strettamente legato alla morte di Zaira, ma simboleggia semplicemente la spensieratezza dei giochi dei bambini, a cui la piccola è stata troppo presto strappata a causa di una terribile meningite il 14 luglio 1901, a nemmeno sei anni d'età, mentre si trovava a casa del nonno.

I genitori, il notaio Ernesto Deplano e la madre Fanny Pinna, commissionarono la realizzazione della tomba a Giuseppe Sartorio, essendo a conoscenza della sua bravura nella rappresentazione precisa e dettagliata dei suoi soggetti, così da poter in qualche modo rivedere per sempre la loro bimba perduta nel candido marmo modellato dallo scultore. L'artista rese onore alla sua fama e riprodusse in modo estremamente fedele la piccola, basandosi su una sua fotografia di un paio di anni prima, vestita di un morbido abitino realmente a lei appartenuto e in una posa spensierata, il viso sorridente e assorto che guarda fiducioso di fronte a sé, come ammirando un futuro di giochi e colmo di gioie che, in realtà, le è stato purtroppo negato da un destino crudele. 

Sulla colonna si intravede ancora, anche se a fatica, la scritta che i genitori fecero incidere in sua memoria:

 

"All'angelo Zaira Deplano Pinna.

Inconsolabili i genitori

cospargono lacrime e fiori."

 

E infatti sempre, in tutti questi anni, la tomba è stata cosparsa di fiori, abbellendola e addolcendo coi loro colori e profumi una perdita che nessun genitore vorrebbe mai dover vivere.

La statua di Zaira come si presenta dopo gli atti vandalici del 2009
La statua di Zaira come si presenta dopo gli atti vandalici del 2009

Questo fino al 13 giugno 2009, quando la statua ha subito un vile atto di vandalismo, si pensa persino ad opera di satanisti, rovinandola e mutilandola orribilmente e costringendo la direzione del cimitero a rimuoverla e chiuderla in un laboratorio, in attesa di fondi sufficienti per poterla restaurare completamente e poterla finalmente ricollocare sulla sua colonna, unico elemento della tomba che ora si può vedere. I visitatori del cimitero portano ancora, nonostante tutto, fiori e pupazzetti per onorare la memoria di Zaira.

Oltre alla statua di Zaira, i vandali hanno seriamente danneggiato un'altra opera di Sartorio, dedicata a due sorelline, Maddalena e Luigina Boldetti.

I danni in questo caso sono stati ancora più ingenti e difficilmente rimediabili: la balaustra in trachite su cui sedeva la bambina più grande, Luigina, è stata rovesciata e la scultura si è disintegrata nell'urto. La statua della bambina nella culla, Maddalena, è stata invece risparmiata da un simile scempio. 

 

La statua di Luigina Boldetti come si presentava prima di venire distrutta
La statua di Luigina Boldetti come si presentava prima di venire distrutta

Attorno alla statua di Zaira negli anni sono sorte numerose storie fantastiche. Si racconta che a mezzanotte la bimba giochi per il camposanto e si possano udire le sue risa e il cerchio sbattere sulle pietre del cimitero.

Un'altra leggenda dice poi che, la notte del 2 novembre, Zaira compaia sui tetti del centro storico di Iglesias, invitando tutti i bimbi che incontra a giocare con lei. Se uno di questi dovesse accettare, il suo destino è quello di morire entro un mese.

Questo fiorire di racconti attorno alla figura di questa bambina è facilmente legato al fatto che davvero la statua a vederla sembra viva e che da un momento all'altro possa alzarsi dalla sua colonna e mettersi nuovamente a giocare col suo cerchio di bronzo, ma ha certamente contribuito anche l'insolito destino toccato al suo creatore.
Giuseppe Sartorio, infatti, la sera del 19 settembre 1922 si imbarcó su un piroscafo a Terranova, l'attuale Olbia, per andare a trovare il figlio a Torino.
Quella notte, però, l'artista scomparve misteriosamente, senza lasciare alcuna traccia. Si pensò a varie ipotesi, tra cui una semplice e accidentale caduta dalla nave, suicidio o persino omicidio, magari per un tentativo di rapina finito male.
Di fatto, passati vent'anni dalla sua scomparsa, Sartorio venne dichiarato ufficialmente morto.
Ironia della sorte volle che di lui non sia rimasto nulla. Né una foto, né un ritratto, né tanto meno una tomba su cui poter andare a fargli visita. Proprio lui, che tante e di meravigliose ne realizzò finché era in vita.

Foto della bottega di Giuseppe Sartorio, scattata nel 1895. Una delle pochissime fotografie dell'artista (ne esistono solo altre tre).
Foto della bottega di Giuseppe Sartorio, scattata nel 1895. Una delle pochissime fotografie dell'artista (ne esistono solo altre tre).

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http://www.sardegnasotterranea.org/sartorio-fascino-e-mistero-del-michelangelo-dei-morti/

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Sartorio

http://www.wikiwand.com/it/Cimitero_di_Bonaria

http://www.dettori.info/dettori_old/varte/scheda03.htm

http://lacustodeditombe.blogspot.it/2015/07/9-la-bambina-col-cerchio.html?m=1

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Commenti: 1
  • #1

    Silvana Nieddu (venerdì, 16 aprile 2021 20:22)

    Bellissimo articolo, completo e dettagliato, sulle sculture funebri del Sartorio.