LO SCULTORE PARTIGIANO E IL SUO DAVID ANTIFASCISTA

Oggi, per onorare il 25 aprile, vorrei parlare di uno scultore attivo nel cimitero monumentale di Verona, ma partendo da una sua opera non funeraria. 


Nel cuore di Verona, in piazza Bra, semi nascosto dalle fronde degli alberi, si trova il Monumento al Partigiano, una mastodontica statua di bronzo opera di Mario Salazzari, uno dei più importanti e prolifici scultori del XX secolo di Verona. 


L'artista nacque a Lugagnano di Sona (Vr) il 16 novembre 1904 e visse la sua primissima infanzia in Germania, dove il padre scelse di emigrare. Allo scoppio della Grande Guerra, però, la famiglia Salazzari fece ritorno in patria, stabilendosi in zona Tombetta a Verona. Qui Mario riprese la scuola elementare, interrompendo la frequentazione al quarto anno a causa delle difficoltà economiche della famiglia. Cominciò quindi a lavorare come apprendista tornitore presso la ditta Andreoli, dove si producevano proiettili. Le sue abilità artistiche vennero però ben presto notate dallo scultore Eugenio Prati, il quale lo fece assumere dal fratello Celeste nella sua bottega di arte funeraria nel 1918 e lo iscrisse l'anno seguente alla Accademia d'Arte Cignaroli, dove divenne allievo dello scultore Egidio Girelli.

A soli 16 anni, nel 1920, Mario Salazzari vinse il suo primo concorso pubblico, realizzando così il Monumento ai Caduti di Borgo Roma, inaugurato cinque anni dopo.

Monumento ai caduti di Borgo Roma (Verona)
Monumento ai caduti di Borgo Roma (Verona)

Da allora realizzò numerosi altri monumenti, come quello ai Caduti di Raldon, e altre piccole e grandi commissioni private. Sue sono poi due delle stupende statue equestri poste sul Ponte della Vittoria. Queste vennero inaugurate nel 1941, per poi essere tolte poco dopo, con l'inizio della Seconda Guerra Mondiale, al fine di proteggerle dai bombardamenti, e riposizionate solo nel 1955.

Una delle statue equestri su Ponte della Vittoria
Una delle statue equestri su Ponte della Vittoria

Nel 1943 Mario, da sempre di orientamento socialista, decise di abbandonare definitivamente il fascismo e passare alla Resistenza, assumendo il comando della divisione partigiana "Val di Valdo" tra Selva di Progno e la Val Squaranto. In questo periodo riuscì, tra le altre cose, a liberare alcuni prigionieri italiani a Velo Veronese, destinati ad essere mandati in campi di concentramento tedeschi.

Dopo pochi mesi, il 23 novembre, venne catturato e torturato per giorni. Le pesanti sevizie gli costarono la sua preziosa mano destra, rendendola inutilizzabile e costringendolo, a fine guerra, ad imparare a usare la sinistra pur di poter continuare a scolpire.

Nel 1945 venne processato e condannato a 30 anni, ma riuscì ad evadere dal carcere di Padova e raggiungere a piedi Vicenza.

Finita la guerra l'artista ritornò alla sua attività, pur con grandi difficoltà iniziali a causa della mano perduta. 


Il suo primo incarico post bellico fu proprio il Monumento al Partigiano, su commissione dell’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia, inaugurato il 25 aprile del 1947. Un'opera da lui particolarmente sentita per il suo ancora freschissimo passato nella Resistenza, quasi un modo di dare un senso artistico a quegli anni così duri e a tutti gli orrori visti e vissuti.

Salazzari all'opera
Salazzari all'opera

La statua rappresenta un uomo con un mitragliatore sulla spalla, raffigurato in una posa che richiama in modo inequivocabile il David di Michelangelo. 

Il parallelo con la figura biblica di David è simbolicamente significativo: il piccolo partigiano abbatte con l'astuzia il gigante fascista Golia, pur disponendo di pochi e deboli mezzi, forte solo di una enorme e invincibile forza di volontà e di un saldo amore per la libertà e la patria.

Alla base della scultura si trova la scritta "Ai caduti per la libertà".

Il Monumento al Partigiano in Piazza Bra
Il Monumento al Partigiano in Piazza Bra

Salazzari proseguì per tutta la vita la sua brillante carriera di scultore e artista in generale, essendo anche poeta e pittore. 

Nel 1982 si separó dopo 50 anni di matrimonio dalla moglie Maria Bossi e cominciò la sua convivenza con la scultrice ed ex partigiana Giovanna Rossi. 

Morì a Verona il 6 giugno del 1993.

Una delle poesie di Salazzari
Una delle poesie di Salazzari

Ed ora arriviamo alla sua più pregevole opera funeraria presente nel Cimitero Monumentale di Verona, dato che di questo si occupa questa pagina. 

Si tratta della tomba della famiglia Avanzi, realizzata tra il 1948 e il 1950, consistente in un alto rilievo dai toni classicheggianti, rappresentante l'adorazione delle tre Marie ai piedi della croce. Il taglio è atipico, essendo raffigurate solo le tre donne. Di Gesù, solitamente il protagonista della scena, si intravedono solo i piedi trafitti dai chiodi. 


Tomba Avanzi, Cimitero Monumentale di Verona
Tomba Avanzi, Cimitero Monumentale di Verona

Salazzari non fu l'unico artista partigiano o che si oppose comunque al regime fascista, rimettendoci dal punto di vista lavorativo e non solo. Basti pensare ad un altro importantissimo scultore veronese, Egisto Zago, da subito strenuo oppositore del regime fascista, che si vide quindi precludere per anni la partecipazione a concorsi pubblici e limitare in generale nel proprio lavoro, oppure a Berto Zampieri, partigiano che partecipò anche all'assalto degli Scalzi. 

Tomba Amistani, opera di Egisto Zago del 1939, Cimitero Monumentale di Verona
Tomba Amistani, opera di Egisto Zago del 1939, Cimitero Monumentale di Verona

Talvolta ci si scorda di cosa volesse dire vivere quei tempi, al punto da arrivare a condannare i partigiani o a opporsi ad onorare la ricorrenza del 25 aprile, rendendola una questione politica e non storica. 

Le testimonianze di quell'epoca così dura sono davanti a noi, nelle opere di chi la dovette vivere suo malgrado. Dobbiamo solo osservare davvero. 


Buon 25 aprile, a chi pensa sia giusto non dimenticare...


Bibliografia/links/photo credits

https://www.archivio-scultura-veronese.org/


Maddalena Basso, Camilla Bertoni, Il Cimitero Monumentale di Verona, Scripta Edizioni, 2019